ANTONI TAPIES, morte e vita dell’ombra astratta


Numeri, croci, intervalli, momenti, vortici di inchiostro, di colore, i monotipi, attraversamenti, carta e tela, tempo e 3749, e addizioni e sottrazioni, tutti i segni e tutte le cose che restano aggrappate fuori e dentro i rilievi. Mappe segrete dell’idea, il monumento a Picasso, 6935, e 1+2, Barcellona, croci e numeri, un grande vetro e tutte le scatole, quante croci, nessuna parola può contenere il magma di segno di Tàpies. Fratture, e strutture e pensiero, e i campi di concentramento, le croci, i numeri, la ripetizione, e i materiali, tutti i materiali, l’universo. Non codici ma strette di pensiero legate indissolubilmente all’idea di mettere insieme cose e ancora cose. E’ il padre di tutti noi, c’ha insegnato il vero volto delle cose, il vero volto delle superfici, c’ha insegnato a tenere le linee, e a guardare cosa c’è dentro, e segno sopra segno, segno dentro segno, le trasparenze di Tàpies sono oggi finestre dove nulla è fondale, nulla è paesaggio, e dove tutto è nella sezione aurea di una composizione che non è avanguardia ma tempo infinito che parla e comunica con tutto il tempo delle cose e a ritroso attraverso il segno, la mano di Tàpies, scandaglia tutta la vita e tutte le ombre che l’occhio disattento vede astratte ma in verità sono di quegli Dei cari alla conoscenza e alla bellezza. Tàpies mostruosamente classico, Tàpies così denso di carattere e di forma, ci ha lasciato un pezzo fondamentale del nostro muro immaginifico, ci ha lasciato un occhio discreto capace come pochi di catturare esperienza e tenerezza, capace come pochi di dare il segno attraverso il segno. Ci ha lasciato una memoria fondamentale. L’universo di Tàpies è ora qui, immenso, a fare strati di pensiero, a fare l’Onfalo dove tutto geometricamente resiste.

 

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Antoni Tapies